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ALL’INIZIO FU LA DEA

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Donnecontro

Gea, la Madre Terra, la Grande Madre.

La Dea che accoglieva, nutriva e amava tutte le sue creature, permettendo alle specie di evolvere.

Finalmente dopo milioni di anni, una specie riuscì a pensarla e chiamarla per nome.

Molti nomi le furono dati in ogni parte della superficie terrestre.

Furono le femmine le prime a darle un nome, quando i gruppi di donne iniziarono a radunarsi in piccole comunità, per aiutarsi nel parto e nella cura dei piccoli. Furono le madri ad inventare le parole. Furono le donne di quelle piccole comunità ad inventare i calendari in base al ricorrere del loro ciclo mestruale, organizzandoli in mensilità lunari di 28 giorni. Furono le donne a capire che dopo nove di quei cicli una nuova vita era pronta ad essere data alla luce.

Gli uomini a quei tempi vagavano  liberi ed anche la sessualità era libera, non c’erano legami.

I singoli e le piccole comunità erano frugivore, si nutrivano di frutti, semi, radici, l’economia di sussistenza si sostanziava nella raccolta, praticata soprattutto dalle comunità di donne e bambini.

Fino a che le risorse bastarono per tutti e le donne furono fisicamente forti quanto gli uomini (come accade nei primati), le società si organizzarono a partire dalle donne e furono matriarcali. Furono le donne a celebrare i primi riti legati al ciclo mestruale ed alla fertilità dei loro corpi e della terra, la Madre Terra.

Gli uomini che erano liberi dal “problema” della gravidanza, del parto e della cura della prole, non avevano motivo per rinunciare alla loro libertà in ragione del vivere in un contesto sociale. Probabilmente gran parte di loro delegava le attività di sostentamento e l’organizzazione sociale alle donne, dedicandosi all’esplorazione del territorio, cacciando animali che fornivano alle comunità carne, ma anche pelli e ossa utili per creare indumenti, ripari, giacigli. Girando di villaggio in villaggio, iniziarono le prime forme di commercio e  probabilmente quei trofei di caccia permettevano loro anche di conquistare il favore delle femmine più appetibili.

Le donne essendo più stanziali, compresero la ciclicità delle stagioni, osservarono la vita delle piante e degli animali, divennero coltivatrici ed allevatrici. Compresero come funzionavano gravidanza e parto e quali erbe erano in grado di curare: gli albori del sapere medico.

E’ molto probabile che i due sessi della nostra specie umana, sin dal principio vissero esistenze molto differenti, sviluppando ambiti della cultura umana diversi, specializzandosi e coltivando qualità precipue, di cui ancora oggi conserviamo evidenti tracce.

All’origine della socialità umana, non vi fu la famiglia, come siamo abituati a pensare oggi, ma comunità di donne e gruppi di uomini, le prime società furono matriarcali e adoravano dee madri incinte accoglienti e prosperose. Società che accoglievano serenamente ogni manifestazione del genere e della sessualità umana (ne abbiamo prova nelle rarissime comunità matriarcali che abbiamo potuto osservare) , così come esistevano la Amazzoni, famose donne guerriere, ci saranno stati uomini che decidevano di vivere nei gruppi di donne, preferendo comportarsi come donne e l’omosessualità non era solo accettata, ma veniva considerata un passaggio dell’educazione affettiva e sessuale, ancora nell’antica Grecia e a Roma. 

Ci sono storie differenti nella storia dell’umanità, da sempre:  una storia delle donne ed una storia degli uomini, con caratteristiche simili in tutto il mondo.  E c’è una preistoria dell’umanità, maschile e femminile, su cui possiamo fare solo supposizioni e deduzioni, quelle che vi ho illustrato mi sembrano le più valide.

Di fatto le società contadine hanno conservato questa stessa struttura sociale fino al secolo scorso. Le famiglie contadine vivevano nelle piccole comunità di campagna, a capo c’erano una donna e un uomo; la donna  per tutte le attività femminili, legate alla cura della casa, dei figli, ma anche alla produzione e conservazione del cibo e all’elaborazione dei prodotti grezzi; l’uomo a capo delle attività più tipicamente maschili, nei campi o nelle stalle. In pianura c’era cibo per tutti, ma in montagna e nelle zone più povere, per molti mesi all’anno le donne erano sole. La mia bisnonna paterna era stanziale, si occupava dei cinque figli, del negozio, della terra, il mio bisnonno era nomade, viaggiava per i paesi come ambulante e con i ferri del mestiere per riparare i pochi mobili che le famiglie possedevano, in molte famiglie gli uomini erano addirittura dovuti emigrare all’estero.

C’è un momento nella storia dell’umanità in cui questa differenziazione complementare si è trasformata in dominio e prevaricazione del maschile sul femminile. 

Un momento in cui le società da matriarcali si sono trasformate in patriarcali.

Un momento in cui dalla Madre Gea resa feconda dal Dio Sole, dalla Dea Madre, si è passati al Dio Padre, anche se la Dea è ancora rintracciabile in personaggi secondari di ogni religione.

Qualcosa di importante è successo in quella Grecia antica in cui si fronteggiavano la monarchia spartana e la democrazia ateniese. Il passaggio è rintracciabile nell’anomalia curiosa della Pizia, la sacerdotessa di Apollo, la figura religiosa più importante , consultata da ogni capo di Stato, ma sacerdotessa di un dio maschile, legato al sole. Di lì a qualche secolo, di pari passo con la perdita del potere delle donne sulla scena sociale, anche la democrazia si affievolì e con l’avvento del cristianesimo ad Alessandria  la distruzione culturale di quel mondo fu segnata da due eventi: la distruzione della meravigliosa biblioteca dove erano conservati tutti gli scritti filosofici, teologici, scientifici, del sapere elaborato in quei secoli floridi e la brutale uccisione di Ipazia, donna  coltissima che fu punita con la morte per il suo rifiuto di smettere di studiare ed insegnare. Quell’evento segnerà la preclusione della cultura alle donne fino all’inizio del secolo scorso, quando (solo nel nostro primo mondo) oltre alla democrazia e al diritto di voto, le donne riconquistarono l’accesso a tutte le carriere universitarie e il diritto ad una visibilità sociale, ad un riconoscimento  ufficiale del loro apporto alla società, nei termini di una parità enunciata, ma ancora del tutto auspicabile. In mezzo secoli di sopraffazione e uccisione del femminile, anche fisica, come nella lotta alle streghe, ultime detentrici di un sapere femminile medico e ginecologico tramandato oralmente.

E’ difficile comprendere perché le donne abbiano rinunciato alla parità, alla loro specie-specificità, soprattutto: in nome di cosa? Protezione? La scarsità di terre e di cibo, creata dai cambiamenti climatici o dalla sovrappopolazione,  in un qualche momento hanno probabilmente reso più importanti per la sopravvivenza dei gruppi le abilità di caccia, di lotta, di movimento e relazione sul territorio, in pratica la cultura maschile. E’ probabile che i gruppi femminili abbiano continuato ad occuparsi della attività di sostentamento e di cura, mentre i gruppi maschili difendevano ed espandevano  i confini. 

Il nostro sistema sociale nasce dal bisogno materiale  e psicologico, di sicurezza, come ha ben spiegato Freud in “Eros e civiltà”, ciascuno di noi sacrifica una parte della propria libertà per soddisfare il bisogno di sicurezza, fra queste due polarità si gioca per tutta la vita la nostra ricerca di un equilibrio ed un’autonomia, che non potrà mai essere totale indipendenza dall’altro.  

Le contingenze storiche sono mutate, ma ci sono ancora molte famiglie in cui l’uomo per esaltare la moglie asserisce: “se non ci fosse lei, non saprei nemmeno dove sono le mie mutande” , ovviamente non è vero, non è vero quando ogni mattina lui le chiede dove siano le mutande, ma è vero che in quel modo lui le conferma il suo unico ruolo realmente importante: quello di custode delle mutande. E insieme a lei lo ricorda a tutte le giovani donne presenti nella casa. Parimenti ci sono famiglie in cui ai figli maschi non viene insegnato come pulirsi le mutande, come nutrirsi e gestirsi nel quotidiano per renderli dipendenti. 

I legami di sottomissione e di codipendenza sono quelli a maggior costo libertà-sicurezza, a maggior perdita di serenità e rischio per la salute psichica, esplodono, perché a esplodere sono le persone che ci rimangono invischiate. Il cammino che dobbiamo percorrere è sicuramente un altro, dobbiamo percorrere quella strada in cui a ogni passo, mentre si da più libertà all’altro, si acquista un po’ di libertà per sé nella relazione.

Pur ammirando e coltivando in me le specificità del maschile, io vedo un istinto predatorio e di possesso all’origine della sottomissione della donna all’uomo, lo stesso istinto che ha portato l’umanità a depredare la Madre terra delle sue risorse, a privare numerose popolazioni dei mezzi di sostentamento primari a vantaggio di chi ne spreca senza ritegno, in una folle corsa suicida al profitto e allo sfruttamento di tutto ciò che è possibile depredare, a partire dall’altro da sé.

La Dea, la Madre Terra, Gea, oggi così ferita, che solo se moderatamente riscaldata dal Dio Sole, accoglie e nutre tutti noi, creature fragili e potentissime ad un tempo, ci indica una strada ora come agli albori dell’umanità.

E’ icastico che a una predominanza del maschile corrisponda un surriscaldamento della terra da parte del sole. Ogni donna su questa nostra terra è oberata ed esasperata da un carico enorme ed insopportabile, di lavoro, responsabilità, soffocamento delle pulsioni, della libertà, impossibilità di esprimere appieno il proprio essere vedendoselo realmente riconosciuto, siamo surriscaldate e quando logicamente esplodiamo o implodiamo, continuano a dare a noi delle pazze, senza rendersi conto che follia è soffocare il potenziale di metà dell’umanità.

Maschile e femminile, complementari, irriducibili l’uno all’altro, coesistenti in parità, nel reciproco rispetto e nella valorizzazione delle specificità, devono collaborare, compenetrarsi, completarsi, all’interno di ogni singolo essere vivente e nelle relazioni, nelle coppie, nelle famiglie, nel lavoro, nelle comunità, nella politica, nei luoghi di decisione e comando.

Solo così, solo mettendo pace fra femminile e maschile, l’umanità tornerà ad essere feconda e riuscirà a guarire la nostra Grande Madre Terra, meritando il diritto per la nostra specie di proseguire la vita in questo pianeta. 

Questa è la grande sfida a cui ciascuno di noi è chiamato, in questo affascinante ed drammatico tempo.


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